I dreamer trovano la voce solista

Dopo il grandioso successo conseguito ad Hyde Park i  quattro amici, carichi per  fortunato  momento appena vissuto, decisero di  creare il loro primo demo. Era arrivato il  momento  di fare sul serio.

Suonare  in una sala d’incisione  era tutt’altra cosa che  farlo in una cantina. Questo era stato da sempre il  loro obiettivo principale, e poi,  ancora,  essere sugli scaffali di negozi specializzati.  Ma tutto quello  che si stava svolgendo sotto i loro occhi era così  bello e strano al contempo da non poterci neppure credere.  Sean stava ripercorrendo gli eventi che  si erano svolti  in quei due  giorni.  Mentre pensava a tutto ciò Sean era arrivato in prossimità del Tower Bridge. Il suo sguardo era perso nella profondità del fiume, quando, d’improvviso, si sentì  urtare.

Si voltò verso l’autore del colpo, e la  vide. Era una ragazza di circa  20 anni , un metro e 60 ,  profondi occhi verdi e un caschetto biondo cortissimo,  e per un attimo Sean ebbe l’impressione di averla già vista. Quel viso dall’ovale perfetto e quello sguardo erano difficili da dimenticare.

Tornato  a casa chiamò Dean e gli raccontò l’accaduto senza tralasciare neppure la strana sensazione percepita  e la smodata voglia  di  ritrovarla. La  reazione dell’amico a quella  notizia non si fece attendere:

“Ma sei pazzo? Hai la più  pallida idea di quanti abitanti conta Londra?

Lo so  perfettamente quanto è grande Londra, Dean! – ribatté infastidito  Sean – Ma io  la troverò!

Il giorno seguente,  dopo aver effettuato la registrazione  di alcuni brani, i ragazzi  furono informati  che al Covent Garden quella sera ci sarebbe stato un concerto. Si  trattava di un band emergente, tutta al femminile, The International girls,   dalla comprovata bravura!

Quella sera Sean rivide la ragazza misteriosa e i Dreamer trovarono la loro voce solista. Adesso il successo era assicurato.

Hyde Park la nascita di un gruppo

Il momento tanto atteso era finalmente arrivato. James, Dean, Sean e Derek  provarono  per mesi  e mesi il repertorio musicale che avrebbero offerto al loro pubblico, qualora ne avessero avuto uno, cosa di cui tutti   dubitavano a parte  Sean. Malgrado ciò,   i quattro amici avevano  ugualmente preparato un  mix  di nuovi brani,   che andavano dal  melodico al jazz  al rock  duro.   Sarebbero state due ore intense  di pura  musica. Una serata  che avrebbero ricordato  per  sempre come  uno dei  momenti più belli della loro vita.

La  location  che avevano scelto  per il loro debutto,  era Hyde Park, un  luogo magico,  pullulante di grande musica, calpestato  solo dai grandi miti che avevano  scritto  le più  belle pagine della musica mondiale. E adesso toccava a loro. Chissà se ce  l’avrebbero fatta!

Londra, anfiteatro di un sogno

Un nuovo racconto firmato da Antonella Saia

James, Dean, Sean  e Derek si conoscono  sin dalla più tenera età.  La  loro è  un’amicizia che ha attraversato e superato grandi  difficoltà, ma una cosa  li ha sempre uniti; la musica.  Ogni giorno  si  riunivano nel garage di James  e suonavano le più belle cover della musica inglese contemporanea, sognando di ripercorrere le orme dei  più grandi mostri sacri del panorama musicale internazionale.

D’ altronde anche  i  Beatles e i Pink Floyd avevano cominciato la loro florida  carriera entra  le mura della misteriosa Londra, – pensava Sean, chiuso nella sua stanza e  steso sul letto, intento a contemplare  il soffitto senza neppure vederlo – e allora perché non potevano riuscirci anche loro? In fondo erano bravi.  Così, ecco l’idea; si sarebbero esibiti in un locale. Doveva solo crederci e fare in modo che anche gli altri ci credessero.

Enchanted Garden

Dal momento in cui l’aveva rivista in quella grotta Jonathan, non era più riuscito  a togliersela dalla mente. I  suoi occhi lo   perseguitavano ovunque andasse: sulla spiaggia mentre correva a piedi nudi, nell’hall  dell’albergo, sotto la doccia e ancora nel letto,  al suo risveglio.

Quando aveva lasciato Manhattan aveva pensato  soltanto a scappare da una vita  nella quale da troppo tempo si sentiva  imbrigliato, ma non  aveva fatto i  conti  con il suo cuore.

D’improvviso, mentre passeggiava  nella lussureggiante vegetazione dell’Enchanted Garden, perso in tali pensieri,  la vide, seminascosta da una rara e bellissima pianta tropicale. Lei non si era ancora accorta della sua presenza, così la sua sorpresa nel trovarselo dinanzi fu totale:

“Che cosa vuoi? – esclamò la donna sulla  difensiva –

Parlarti – rispose lui senza  attendere oltre-

È troppo tardi ormai, non credi? – replicò  Stephanie, continuando ad annusare il fiore che aveva tra le mani.

No, ti sbagli – replicò Jonathan,  prendendole il viso tra le mani e costringendola a guardarlo negli occhi. –  Io ti amo.

E la tua  libertà? – gli chiese lei, felice di poter dare sfogo finalmente a tutta la rabbia che aveva in corpo.

La libertà non ha alcuna importanza se al mio fianco non ci sei tu.” – rispose lui,  e senza darle il tempo di ribattere, la baciò.

Fu un bacio lungo, intenso e denso di significato.  Il sole al tramonto stava tingendo il cielo di rosso corallo segnando la fine di una giornata carica di emozioni,  mentre per loro  stava  per prendere il via un nuovo  inizio, all’insegna di una totale libertà,  finalmente priva di tutte le inutili convenzioni sociali.

Sharon e Il mistero di Dublino

Non avrebbe mai più dimenticato quel momento, né tantomeno quegli occhi, di questo Sharon ne era

profondamente convinta. Non aveva scoperto nulla d’interessante, e i fondi messi a disposizione dal Daily

Express per questa trasferta stavano per finire e presto sarebbe dovuta tornare a Londra. Aveva già

preparato i bagagli, ma non poteva fare a meno di pensare che qualcosa le sfuggiva. Sì, ma cosa?

L’ottimismo, la voglia di fare erano ottime qualità, ma non potevano da sole rendere così florida una città.

In cima ai suoi pensieri c’erano sempre quelle due domande che continuavano a martellarle

incessantemente in testa: chi c’era dietro questa ripresa? Chi poteva trarne vantaggio? Una cosa era certa,

quella città nascondeva un segreto e prima di andarsene lei l’avrebbe scoperto. Presa tale decisione

afferrò la giacca di pelle nera, adagiata sulla poltroncina e uscì, senza avere una meta ben precisa. Aveva

trascorso tutto il pomeriggio girovagando per la città, in cerca di risposte e, proprio mentre stava

attraversando l’Ha Penny Bridge, persa nel panorama di quella città che l’incantava ad ogni sguardo, si sentì

urtare. Alzò gli occhi per parlare e lo vide. Era lo stesso uomo che aveva visto nel bosco.

Ancora una volta i loro sguardi s’incontrarono, ma stavolta lei non rimase in silenzio:

“Speravo di rivederla. Ho bisogno di parlarle.

Dice a me ? – le chiese l’uomo, negli occhi uno sguardo perplesso –

Sì, – rispose Sharon in tono deciso – ho bisogno di alcune risposte e lei è la sola persona che può darmele”.

Detto ciò si avviarono insieme alla ricerca di pub dove poter parlare tranquillamente. Appena si furono

seduti Sharon si presentò dichiarando, inoltre, il motivo per il quale si trovava in Irlanda. A quel punto

l’uomo, messo alle strette, confessò. Era lui che stava risollevando le sorti di Dublino.